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martedì 24 maggio 2011

1. MENTRE BOSSI E BERLUSCONI STRAPARLANO DI MINISTERI SPOSTATI, ISLAMIZZAZIONE E BALLE SULLE TASSE, L’ISTAT MOSTRA LA VERITA’. L’ITALIA AVREBBE BISOGNO DI RIFORME SU LAVORO PER GIOVANI E DONNE, PRECARIETA’, RIPRESA, REDDITI DELLE FAMIGLIE: I TEMI AL CENTRO DEL PNR ALTERNATIVO PRESENTATO DAL PD IN PARLAMENTO.

La nota del mattino 24 maggio 2011

Tutti i riflettori dei media sono accesi sul dibattito surreale tra Bossi e Berlusconi sui ministeri, sulle balle delle riduzioni fantasiose di imposta per Milano (no tax area per la capitale economica del paese, e a Gallarate, a Brescia, a Bergamo, a Monza che fanno? Pagano tutto?), sull’islamizzazione o l’invasione dei campi rom. Il collegamento con la realtà è completamente saltato, spesso anche nei commenti di quotidiani e tg (per esempio nessuno dice che a Bologna, Torino o Firenze, città amministrate dal centrosinistra, tutte queste cose non accadono, mentre a Milano e Roma amministrate dalla destra il problema dei campi rom si pone eccome).
A riportare l’attenzione sulla realtà, come propone da tempo il Pd e proprio sugli stessi temi, ci ha pensato ieri l’Istat che ha presentato il rapporto annuale sull’Italia.
Da La Stampa (l’unico quotidiano a dare lo spazio e la collocazione che meritano queste notizie). Articolo del direttore Mario Calabresi: “Agli italiani il rapporto annuale dell`Istat, presentato ieri, non dice assolutamente niente di nuovo. A loro non serve. Racconta cose che già sanno, che sentono sulla loro pelle ogni giorno: la paura di scivolare nella povertà, il calo del potere d`acquisto, la minore capacità di risparmiare e il gonfiarsi del numero dei giovani che non trovano lavoro e passano le loro giornate tra "il divano della casa dei genitori, il computer l`aperitivo in piazza. Il rapporto dell`Istat sarebbe invece utilissimo per la nostra classe di governo, convinta che i problemi del nostro futuro si chiamino «spostamento di un paio di ministeri al Nord» o «sanatoria delle multe automobilistiche».
I fatti raccontati dall’Istat sono davvero duri. Sempre da La Stampa: “Dicevamo di noi stessi che siamo «un popolo di formiche»: non è più vero. Ormai, gli italiani risparmiano meno dei cittadini degli altri grandi Paesi europei (nel 2010, solo il 9,1% dei loro redditi, contro il 13,3% tra il 2000 e il 2005). Per mantenere il livello dei consumi di fronte a redditi che calano, non c`è altra via che intaccare il patrimonio o indebitarsi. L`impatto della grande crisi è stato duro anche altrove, ma l`Italia più di altri Paesi stenta a risollevarsi (produzione industriale a tutt`oggi inferiore del 19% all`estate 2007). A perdere il posto di lavoro sono stati soprattutto i giovani precari; le assunzioni che ora poco a poco ricominciano sono in gran parte a termine, mentre i posti fissi continuano a diminuire, dunque «cala la qualità dell`occupazione»).
Fa colpo che nei dati dell`Istat circa un italiano su 4 sia «a rischio povertà». L`Istat fornisce dati secondo cui l`incidenza degli «scoraggiati» nella ricerca di un lavoro in Italia è circa doppia che nella media europea. Se ai disoccupati veri e propri, 2,1 milioni, si aggiungono 1,5 milioni che desiderano un lavoro ma non lo cercano perché scoraggiati, e un altro mezzo milione che «attende l`esito di ricerche precedenti» la mancanza di lavoro assume una portata assai preoccupante, attorno al 15% (percentuale che l`Istat non esplicita, ma che è
facile calcolare).
Drammatico il capitolo giovani. Sempre da La Stampa: “Dopo il dossier consegnato dal Censis alla Camera dei deputati, la settimana scorsa, anche l`Istituto di statistica affida all`opinione pubblica un quadro a1trettanto sconfortante sugli italiani tra i 18 e i 29 anni: disoccupati, precari, scoraggiati, senza un futuro a breve, transitano con sempre maggiore frequenza nella categoria dei neet (not in education, employment or training), cioè di quelli che non ne possono più di cercare, bussare, aspettare, e neppure disperare, per cui abbandonano tutto. Si tratta - spiega l`Istat - di due milioni e centomila ragazzi, ben 134 mila in più rispetto all`anno precedente e pari a quasi un quarto (22,1%) di tutti gli under 30, una percentuale doppia rispetto alla media europea.
Pesante anche il capitolo dell’occupazione femminile. Sempre da La Stampa: “Quasi un milione di donne sono state licenziate o costrette a dimettersi per aver deciso di avere un figlio. Lo denuncia 1`Istat nel suo rapporto annuale insieme a molti altri dati molto chiari su che cosa significhi essere madri in Italia. Una su 3 ha dovuto lasciare il lavoro per motivi familiari. Nella metà dei casi l`abbandono è dovuto alla nascita di un figlio, per un totale di oltre 800 mila donne. Una donna su cinque fra quelle che lavorano e hanno meno di 65 anni hanno lasciato il lavoro per il matrimonio, la gravidanza o per altri motivi familiari.
Sono tutti i temi e problemi posti e affrontati, pur nel rispetto della tenuta dei conti pubblici, con proposte concrete dal Piano nazionale per le riforme alternativo a quello del governo messo a punto dal Partito Democratico e presentato a Bruxelles e in Parlamento. Perché la crisi e anche la tenuta dei conti pubblici o l’affronti favorendo la crescita e sostenendo i più deboli oppure prevale la ricetta della destra dei condoni per i ricchi e della macelleria sulle specie sociali a danno dei poveri. Memento: dopo le elezioni il governo ha annunciato una “manutenzione” dei conti per 5-7 miliardi di euro. E addirittura di 40 per i prossimi anni.

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