La riforma della sanità targata Maroni non nasce
sotto una buona stella. La prova è la brutta figura fatta dal
centrodestra mercoledì scorso, quando
non è stato possibile incardinare
il provvedimento perché non era rispondente al nuovo regolamento del
Consiglio, entrato in vigore il primo gennaio. I rilievi non erano da
poco: mancava la relazione tecnico contabile e il testo non era scritto
in forma di modifica del testo unico esistente. Un fatto che ha
comportato la marcia indietro del presidente della commissione Fabio
Rizzi e il ritorno in giunta per le modifiche e la nuova approvazione.
Ma ridurre tutto quanto a un pur spettacolare infortunio tecnico non
renderebbe ragione alla realtà. Il tema decisivo, infatti, è la
contrarietà palese di NCD, i cui assessori si sono astenuti, sia la
prima sia la seconda volta, dal votare in giunta il provvedimento. Non
solo: anche l'assessorato sarebbe molto indispettito dal modo di operare
di Maroni, sia nella persona dell'assessore, il forzista Mario
Mantovani, di fatto esautorato, sia dei tecnici, a partire dal direttore
generale, che avrebbero lavorato ad un testo diverso vedendosi poi
scavalcati dalla "bozza Rizzi". E infine c'è Forza Italia, che ha
annunciato in settimana di avere un proprio testo di riforma,
evidentemente tenuto nel cassetto come arma di ricatto. In attesa della rassegnazione in commissione, Maroni ha deciso di convocare un tavolo politico con le forze di maggioranza per appianare le divergenze, ma anche questo fatto contribuisce a raccontare il quadro di confusione, tanto da far parlare il segretario Alessandro Alfieri di "dilettanti allo sbaraglio" e di "gestione superficiale di una riforma tanto importante".
"Ora si blocca tutto - ha spiegato - e non sarà facile per Maroni trovare un nuovo punto di equilibrio con una maggioranza sempre più divisa. E intanto i lombardi continuano ad essere alle prese con gli stessi problemi".
"La maggioranza è implosa e con queste condizioni la riforma della sanità rischia di non essere incardinata mai" - aggiunge Carlo Borghetti, mentre per Sara Valmaggi "la maggioranza è divisa non solo su questioni formali, ma anche sul metodo di lavoro con cui procedere".
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