Finalmente si è svolta in Consiglio regionale la seduta straordinaria su Expo 2015. L’appuntamento, già fissato due volte, era stato in precedenza annullato. Mercoledì 13 ottobre invece la seduta si è svolta. A meno di una settimana dall’incontro decisivo con il BIE (Bureau International des Expositions) ci siamo trovati a discutere ancora una volta del nodo irrisolto dei terreni vicino all’area di Rho Pero.
Nel 2008, avevamo vinto con un dossier di candidatura che prevedeva impegni molto chiari. Oltre ai tratti caratteristici della nostra offerta, c’erano infatti due documenti fondamentali per il successo della candidatura: una lettera dell’allora premier Prodi che garantiva un finanziamento di un 1miliardo e 400milioni di euro (garanzia di sostenibilità finanziaria dell’evento) e una del commissario straordinario Letizia Moratti nel quale si profilava un pre-accordo con i privati sui terreni che avrebbero dovuto ospitare Expo 2015. Questo secondo documento fu fatto per sbloccare le resistenze del BIE, che di norma predilige la scelta di aree di proprietà pubblica per lo svolgimento delle esposizioni universali, al fine di evitare estenuanti negoziati con i privati.
Il dibattito seguente non si è concentrato sui temi della manifestazione, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” o sugli strumenti per fare di Expo un’occasione di rilancio per Milano e la Lombardia, ma su chi dovesse comandare nella società di gestione. Più di un anno perso, caratterizzato dai continui litigi tra lega e PDL, tra Comune e Regione, tra Tremonti e Formigoni. Una figuraccia che ha travalicato i confini nazionali: Expo è diventato un terreno di battaglia fra le fazioni opposte dei partiti di centrodestra. Nel frattempo, Tremonti ha diminuito le risorse a disposizione, gli accordi di programma sui terreni sono partiti con il passo della lumaca e sono esplosi i litigi sulle aree sfociando a tratti in scontri tra istituzioni.
Oggi ci troviamo a meno di una settimana dal 19 ottobre, data in cui è fissato l’incontro con il BIE. Fra meno di una settimana ci verrà chiesto in modo inderogabile non solo di dimostrare la piena disponibilità delle aree expo, ma anche di indicare la destinazione futura delle aree stesse: quale vocazione, quali funzioni pubbliche le istituzioni pubbliche milanesi e lombarde ritengono di affidare a quell’area, nell’interesse primario delle comunità locali che vivono e lavorano in quelle zone.
Altre questioni restano aperte come il lavoro del Tavolo Lombardia, che ha rallentato decisamente i suoi lavori, e il dibattito sui contenuti di Expo che almeno mediaticamente è stato accantonato. Ma c’è anche la questione del coinvolgimento, finora rimasto solo sulla carta, delle province e dei comuni lombardi e in particolare dei territori intorno a Milano. Costruire un Expo credibile e portare oltre 21 milioni di visitatori è una sfida che si vince solamente giocando in squadra. In particolare con i comuni dell’alto milanese e del sud della provincia di Varese, ai quali non si può far pagare il prezzo dei cantieri aperti e del traffico, senza coinvolgerli attivamente nelle scelte di costruzione dell’Esposizione.
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