Con questa settimana si è conclusa l'attività istituzionale della decima legislatura regionale.
(editoriale SettegiorniPD del 19.01.2018)
Con questa settimana si è conclusa l'attività istituzionale della decima legislatura regionale.
Il Consiglio ha approvato in extremis alcune modifiche legislative non banali, dalla riduzione del numero delle firme necessarie per
presentare
le liste all'introduzione di un codice identificativo per gli alloggi
in locazione turistica, fino a una nuova normativa per il sostegno alle
emittenti locali operanti in regione. Il Consiglio ha approvato in extremis alcune modifiche legislative non banali, dalla riduzione del numero delle firme necessarie per
Si chiude così una legislatura che ha visto aumentare l'attività del Consiglio che ha oggettivamente recuperato credibilità e prestigio rispetto a 5 anni fa. Nel 2013 si parlava di scandali sui rimborsi e si assisteva attoniti all'arresto di un consigliere assessore per sospette collusioni con la 'Ndrangheta. Oggi si parla di tensioni politiche all'interno dei gruppi, ma molto meno di grane giudiziarie, anche se non sono mancati casi clamorosi anche in questi ultimi anni, basti pensare all'incredibile vicenda del plenipotenziario leghista sulla sanità Fabio Rizzi, finito in carcere per la vicenda legata a lady dentiera, e alle inchieste a carico di Mario Mantovani, tutt'ora seduto tra i banchi di Forza Italia.
Se l'immagine del Consiglio è indubbiamente migliorata, non si può dire lo stesso per quella di Regione Lombardia. Il gran rifiuto di Maroni non è che la ciliegina su una torta mal lievitata e fatta di ingredienti disomogenei e mal impastati.
Parafrasando Guccini, potremmo dire che la (sempre più presunta) locomotiva d'Italia è stata deviata lungo una linea morta da una gestione approssimativa di un presidente che sapevamo bene che viso avesse e con che voce parlasse, ma ha fatto ben poco di tutto quello che aveva promesso agli elettori.
E ora?
Tutti guardano al 4 marzo, giorno in cui gli elettori dovranno scegliere il prossimo presidente della Lombardia.
In questi giorni ha fatto molto clamore la pessima intervista del candidato sostitutivo del centro destra Attilio Fontana, che ha disinvoltamente parlato di razza bianca, come se dovesse scegliere un cocktail per un aperitivo. Se aveva bisogno di farsi notare, sicuramente ci è riuscito, ma ha anche gettato una pesante ombra sulla Lombardia. Parole del genere non si sentivano da anni o, per meglio dire, in Lombardia non si sono mai sentite, neppure negli anni più bui della nostra storia recente. La Lombardia è sempre stata una terra pragmatica e tollerante, capace di smussare anche gli angoli più acuti di ideologie che hanno provocato immani tragedie. L'ex sindaco di Varese si è tardivamente scusato per l'espressione utilizzata, ma non ha certo fatto marcia indietro rispetto alla proposta di una Lombardia divisa tra puri e impuri, secondo uno schema facile da raccontare, ma terribile da immaginare nelle sue possibili applicazioni concrete.
Ma ci sono molti che, in fondo in fondo, non sono poi così preoccupati, anzi, danno ragione al candidato di scorta della Lega e immaginano che sia possibile una Lombardia che diventi, se non proprio l'Alabama, almeno una piccola provincia del Texas di 70 anni fa.
Noi preferiamo che la Lombardia rimanga la Lombardia e per questo crediamo che abbia bisogno di un presidente che sappia incarnare al meglio le caratteristiche che hanno fatto grande la nostra regione.
Giorgio Gori ha il profilo e la storia giusta per svolgere questo ruolo e, senza nulla togliere agli altri candidati, che esprimono storie e visioni diverse, ha le carte in regola per guidare la Lombardia e rappresentarla ai tavoli a cui ha il diritto e il dovere di sedere.
A proposito di tavoli, il fuggiasco presidente Maroni ha riferito al Consiglio sull'andamento di quelli dedicati all'autonomia. L'impressione è che, anche su questo fronte, il governatore abbia già tirato i remi in barca e finirà per accontentarsi di qualche dichiarazione di principio che affiderà al suo successore. Davvero una fine in minore per chi aveva iniziato la sua avventura lombarda promettendo che la regione avrebbe trattenuto il 75% delle tasse e si sarebbe messa alla guida di una macroregione che veniva descritta come una sorta di superstato che avrebbe seppellito Roma.
Ci aspetta una campagna elettorale in cui sentiremo un po' di tutto, ma non osiamo davvero pensare che razza di Lombardia abbiano in testa la Lega e i suoi alleati.
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