La Regione propone il patto di cura, ma solo gli operatori privati sono pronti ad implementarlo
Uno degli obiettivi della riforma dalla sanità
lombarda voluta da Maroni, peraltro in netta controtendenza rispetto
alla sanità formigoniana, era il passaggio dalla "cura" al "prendersi
cura", una parola d'ordine, quella che sottende ...
la presa in carico, di
fatto rubata al Pd. Un principio, dunque, condiviso, ma si sa che la
pratica talvolta è un'altra cosa. É di qualche giorno fa la delibera
dell'assessore Gallera che mira a cambiare le modalità di assistenza
sanitaria ai portatori di patologie croniche, come i malati oncologici, i
diabetici, i cardiopatici e via di seguito. Il malato compirà la scelta
della struttura a cui si affiderà per almeno un anno e questa gli
organizzerà visite, esami e cure senza più prenotazioni e lunghe liste
d'attesa. Almeno così sarebbe nelle intenzioni, perché questa modalità
reggerebbe bene su un sistema che può contare su ospedali e presìdi ad
hoc, indirizzati alla cura a media e bassa intensità e distribuiti sul
territorio. Che sono previsti dalla riforma ma ancora non ci sono, come
spiega bene
Carlo Borghetti. "L'assessore Gallera sa bene - dice
il capo delegazione Pd in commissione sanità - che per realizzare
appieno la presa in carico dei pazienti cronici dovrebbe essere
completata la trasformazione delle aziende ospedaliere nelle nuove
aziende Asst, e dovrebbero essere in funzione i presidi ospedalieri
territoriali (POT) e i presidi socio sanitari territoriali (PRESST).
Purtroppo non è così, perché l'attuazione della riforma del 2015 ancora è
al palo anche per la lentezza della Regione che da mesi tiene bloccati i
piani operativi delle Ats e delle Asst, impedendo di fatto lo sviluppo
della rete territoriale. Al momento - conclude Borghetti - solo gli
operatori privati sono davvero pronti ad attuare questa delibera, a
frenare quelli pubblici è la Regione stessa". Insomma, un conto sono i
principi, un altro è la pratica.
Nessun commento:
Posta un commento